L’effettiva quantificazione dei danni non patrimoniali (qui puoi approfondire la differenza tra danni patrimoniali e non patrimoniali) che spetta ai congiunti della vittima in caso di incidente mortale, deve essere valutata sulla base dei criteri di giudizio e delle tabelle in uso nei Tribunali della Repubblica, tenendo presenti le specifiche caratteristiche del caso: età del defunto e del congiunto avente diritto, intensità della relazione, tipologia del rapporto di parentela, convivenza, composizione del nucleo familiare.
Oggigiorno, lo strumento utilizzato in maniera pressoché uniforme in quasi tutti i Tribunali italiani per la determinazione del danno non patrimoniale da morte è costituito dalle Tabelle predisposte dall’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano. Nella regione Lazio invece (per semplificare la comprensione dell’articolo) si utilizzano le Tabelle elaborate dal Tribunale di Roma.
Vediamo come funzionano.
La tabella del tribunale di Milano
Le tabelle Milanesi prevedono una forbice per il risarcimento per il danno cosiddetto da “rottura del rapporto parentale” in base al rapporto di parentela, appunto, esistente tra la vittima e il congiunto superstite, come nella tabella che segue:
In effetti la forbice è molto ampia e per personalizzare adeguatamente i valori risarcitori bisognerà essere molto rigorosi nel fornire al giudicante o, in genere a chi dovrà risarcire, le prove dell’intensità del rapporto parentale che esisteva tra la vittima e il congiunto all’epoca dell’evento avverso.
La tabella del tribunale di Roma
Il tribunale capitolino a differenza di quello milanese ha adottato un criterio tabellare. Ovvero, in base alle caratteristiche del rapporto (età della vittima e del congiunto, composizione del nucleo familiare, convivenza etc), attribuisce alla relazione un punteggio e moltiplica questo punteggio per un valore monetario predeterminato.
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Alcune considerazioni di carattere generale
- La tabelle dei tribunali che ti ho descritto non costituiscono un automatismo di calcolo ma un indirizzo uniforme di valutazione. Ovvero il giudice potrebbe discostarsi dai valori espressi nelle tabelle dandone ovviamente ampia motivazione.
- Per ottenere il giusto risarcimento dei danni patiti non è sufficiente chiederli e invocare l’utilizzo della tabella e i valori in questa espressi. C’è la necessità di “provare” l’effettivo danno patito e il rapporto che c’era con la vittima.
- Una recente pronuncia della Corte di Cassazione sembra preferire l’utilizzo di un criterio tabellare invece di quello a forbice utilizzato dal Tribunale di Milano.